Referendum sul taglio dei parlamentari: un nuovo pasticcio all'italiana

20 Agosto 2020

ll taglio dei parlamentari non è + democrazia, ma democrazia. Non può essere la Riforma, a meno che non vogliamo cedere alla semplificazione demagogica della formula  rappresentanti nelle istituzioni +  risparmi. La rappresentanza democratica ha un valore e come tale ha un prezzo, non certo quello che manda in bancarotta uno Stato.
Il rischio vero non è la voce di costo, ma la qualità della democrazia e di un dibattito decidente. Qualità che dipende in larga misura dall’effettiva rappresentatività del Parlamento che, a causa del taglio proposto nel referendum, rischia di venire sacrificata sull’altare del più facile degli slogan: “no alla casta”.

Le forbici  sulla democrazia diventano mannaie dell’equilibrio democratico se non si inserisce la riduzione  del numero dei parlamentari dentro un quadro di riforme strutturali. In termini assoluti infatti non sono contraria  a priori  alla riduzione dei parlamentari e non ne faccio una questione matematica di + e di  .

La questione a mio avviso è la qualità di gestione dei rami del Parlamento. Ecco perché ritengo sia stata un’occasione persa quella del referendum costituzionale che affrontava comunque  il nodo del numero dei parlamentari,  ma attraverso il superamento del bicameralismo perfetto.
Insomma, no alla riduzione tout court, magari con una legge elettorale buttata giù di fretta per anticipare il referendum del 20 e 21 settembre. Ci voleva un surplus di riflessione per non arrivare al referendum sguarniti di misure compensative al taglio dei Parlamentari.
In una fase poi, dove le urgenze sembrano essere ben altre rispetto alla matematica di Montecitorio o Palazzo Madama,  con una crisi che morde, e qualche “scivolone” etico (come quello di questi giorni) che, badiamo bene, non sarà scongiurato dalle forbici sui grandi numeri.  

Personalmente penso che siamo di fronte a un nuovo pasticcio all’italiana: i retori antichi parlerebbero di un “hysteron proteron“, cioè di un’inversione rispetto all’ordine naturale degli eventi: prima doveva esserci un quadro di riforma complessivo, legge elettorale compresa, poi la riduzione dei numeri in Parlamento. Ma si sa, quando la demagogia prevale ogni ordine, anche morale, viene sovvertito.