No al taglio posti letto a Malcesine“Insomma, Malcesine sembra proprio non avere requie. Non più tardi di febbraio la cronaca di una morte annunciata dei posti letto nella struttura: avevano dovuto intervenire i primi cittadini di Brenzone, Torri e Malcesine per scongiurare una situazione di asfissia in alcuni reparti a causa delle carenze di operatori e medici. Poi l’Ulss aveva giustificato la mannaia come una fase transitoria, in attesa di integrazione dell’organico sanitario, promettendo procedure urgenti nello scorrimento della graduatoria. Addirittura si era detto questione di una settimana. Oggi, a distanza di qualche mese e soprattutto a elezioni amministrative avvenute, la ferita si riapre”.

Così la consigliera regionale Orietta Salemi commenta la riorganizzazione dei posti letto all’ospedale di Malcesine, avviata oggi (lunedì primo luglio) con un taglio di 22 posti letto (da 80 a 58).

“Il problema del personale è generalizzato in tutto il Paese e Malcesine, come molte aree decentrate, soffre questa condizione. Il vero nodo è però la mancanza di volontà politica a mettere mano a una vera e propria emergenza sistemica – sottolinea Salemi -. La Regione non può stare a guardare, trincerandosi dietro alla consueta frase buona per tutte le occasioni  – ‘quando ci sarà l’autonomia’ – perché intanto che questa dal governo amico non arriva (e se arriva richiederà tempi adeguati per l’applicazione) che cosa si fa? Servono soluzioni coraggiose e interventi straordinari: ci si attivi quindi per applicare rapidamente quanto previsto dal nuovo piano sanitario per destinare risorse regionali aggiuntive al personale dipendente di servizio presso sedi particolarmente disagiate o decentrate”. 

“Malcesine – aggiunge Salemi – è inoltre una destinazione appetibile, in particolare durante il periodo estivo, per un turismo riabilitativo che potrebbe sceglierla per il clima favorevole. Certo è che se la struttura viene sempre più abbandonata a se stessa, con servizi e reparti senza le dotazioni necessarie, è difficile pensare che medici, infermieri e personale di supporto la scelgano come sede di impiego professionale. A queste condizioni, non c’è infatti incentivo che tenga”.